A casa mia hanno sempre cercato di spiegarmi le cose del mondo lasciandomele immaginare.
Quando ero piccolo mia nonna mi parlava della morte come di una donna vestita di blu che passava, quando decideva lei, ma solitamente quando eri già abbastanza vecchio da potertene andare, ti prendeva per mano e ti portava con lei nella stanza accanto, dall’altra parte.
Mio zio mi raccontava delle montagne come di grandi uomini saggi che tanto tempo prima, prima dell’inizio dei tempi, prima dell’uomo e di tutto, si erano seduti lassù in alto e lì erano rimasti.
E mi ricordo che mia madre mi parlava del terremoto come di un mostro nero che di notte usciva dalle viscere della terra con un boato.
Ancora oggi non riesce a parlarmi del terremoto in altro modo; e io sembro non poterlo immaginare diversamente.
Ieri a Casali c’era Renato Marziali, il pastore poeta, che si guardava intorno e si chiedeva chi fosse stato a uscire di notte per camminare sopra a tutte quelle case.
– Chi è stato, lo sai? – chiedeva.
Se l’avesse chiesto a me, gli avrei risposto che era stato il mostro nero che era uscito dalle viscere della terra.
C’è tutta questa immaginazione che si impossessa inconsciamente della tragedia e ogni volta cerca di metabolizzarla.
E ci siamo noi tutti, che siamo un insieme di sacchetti della spazzatura pieni di storie buttate dentro a caso, dalle madri, dai nonni, dagli zii, da tutti, per trarre dalla vita una favola migliore.
Così, i settantanni di Renato non sono poi così diversi dai miei quasi trenta. Stiamo lì a piangere delle macerie e delle vite spezzate tutti e due. Solo che per lui il terremoto è un gigante che passeggia sulle case e per me un mostro nero che esce dalle viscere della terra.
E chissà cosa è per lui la Terra.
Devo ricordarmi di chiederglielo la prossima volta.
Per me è una donnona enorme, decisamente sovrappeso, con la faccia buona però; di quelle che lasciano la porta di casa sempre aperta e offrono il ciambellone appena sfornato a tutti quelli che entrano.
Noi invece non lo so cosa siamo, ma siamo qualcosa di tanto piccolo che approfitta della porta lasciata aperta dalla Terra e ogni volta mangia il ciambellone; solo che ogni volta che ci convinciamo di essere noi gli abitanti della Terra, la donnona enorme ci toglie il ciambellone e ci caccia di casa in malo modo, ricordandoci che siamo solo degli ospiti.
Solo degli ospiti.
E basta.
28.08.2016
Lascia una risposta
Occorre aver fatto il login per inviare un commento